LE PROSOPOPEE DEI VIZI E DELLE VIRTÙ NELLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI


La Cappella degli Scrovegni a Padova, che custodisce il più completo ciclo di affreschi di Giotto, non è soltanto uno dei capolavori dell'arte figurativa di tutti i tempi, ma anche un meraviglioso testo visivo, ricco di significati.

La Cappella fu voluta da Enrico Scrovegni, un ricco banchiere della città. Si narra che lo Scrovegni commissionò questa cappella per riparare ai peccati del padre Reginaldo che prestava denaro ad usura. Dante Alighieri nella sua "Divina Commedia" lo cita nella prima Cantica e lo pone nel girone degli usurai.

Enrico Scrovegni nella dedicazione della cappella dipinta da Giotto sulla controfacciata
Oltre al fascino artistico dell'opera è interessante scoprire anche l'aspetto simbolico.

Per esempio il quarto registro delle due pareti laterali, quello più in basso, riporta il percorso con quattordici figure monocromatiche che simboleggiano i Vizi sulla sinistra (Stultitia, Inconstantia, Ira, Iniusticia, Infidelitas, Invidia, Desperatio) e le Virtù sulla destra (quattro cardinali, Prudencia, Fortitudo, Temperantia, Iusticia, e tre teologali, Fides, Karitas, Spes).

La parete sud della Cappella suddivisa in registri.
Quello inferiore, contrassegnato dalle lettere, è quello dei Vizi e delle Virtù
Tali figure sono prosopopee del vizio o della virtù che rappresentano, oltre che sua allegoria, composte da una serie di elementi accessori simbolici.

La prosopopea (dal greco antico prósopon, faccia, persona, e poiéin, fare, agire ) è una figura retorica che si ha quando si fanno parlare o agire oggetti inanimati o animali, come se fossero persone.

Analizzando le  virtù, scopriamo la Prudenza, con l'icona di una donna seduta a uno scrittoio che guarda uno specchio per controllare la situazione alle sue spalle. Tale gesto è allegoria della capacità di discernimento e di attenzione posta alle conseguenze delle azioni e delle altre variabili, prima di prendere una decisione.

La Prudenza
Regge un compasso, simbolo di misura nelle azioni, nei pensieri e nei giudizi e ha sottomano un libro nel quale legge la storia del mondo per ricavare ammaestramenti, allegoria alla disponibilità a imparare e capire prima di agire.

Il simbolo è un segno il cui significante non assomiglia alla realtà che intende rappresentare.

La Fortezza è icona di una robusta guerriera, appoggiata a uno scudo con una croce e un leone a rilievo (simbolo di forza, di capacità di combattere per la Verità) che regge una mazza ferrata, simbolo delle armi spirituali che occorre rivestire per combattere la menzogna e l'iniquità del mondo.

La Fortezza
Al collo ha legata la pelle del leone Nemeo, che la connota come una vera e propria Ercolessa. Ercole era il semidio greco-latino della forza e quindi la declinazione al femminile di tale eroe connota maggiormente di significato la figura.

La Temperanza è l'icona di una donna che impugna una spada strettamente legata da nodi, simboleggiante come essa non ricorra alla forza.

la Temperanza
Indossa una lunga tunica ed ha il capo coperto da un cappuccio, simbolo e allegoria della sua capacità di non ostentare la sua presenza, ma di agire con discrezione, umilmente ma efficacemente.

La Giustizia è icona di una regina su un trono, allegoria della sua maestà e signoria nei rapporti tra gli esseri umani.

La Giustizia
Nelle mani regge i due piatti di una bilancia, simbolo di equità, in cui si trovano a destra un angelo con la spada sguainata in atto di colpire un malfattore e a sinistra un altro angelo che incorona un saggio, allegorie di riconoscimento del merito e punizione del demerito.

L'allegoria è la figura retorica per cui un concetto viene espresso attraverso un'immagine: in essa, come nella metafora, vi è la sostituzione di un oggetto ad un altro ma, a differenza di quella, non si basa sul piano emotivo bensì richiede un'interpretazione razionale di ciò che sottintende. È un simbolo trasformato in figura retorica.

La Fede è icona di una donna con un mantello, una lunga veste bucata e un cappello appuntito; la veste ha dei buchi, allusione alla poca considerazione che un vero cristiano deve dare ai lussi di questo mondo. Il cappello è icona stilizzata di una mitra, copricapo usato dai vescovi.

La Fede
Regge un bastone con la croce, simbolo del Cristianesimo che professa e  un cartiglio, icona dei Vangeli. Alla cintura tiene una chiave, simbolo dell'accesso nel Regno dei Cieli. Con l'asta della croce rompe un idolo abbattuto, allegoria della distruzione dei miti e delle false divinità che vorrebbero prendere il posto di Dio nel cuore dell'Uomo e con i piedi calpesta delle tavole con arabeschi, allusione alla cabala e quindi al mondo ebraico ma anche agli oroscopi.

La Speranza è icona di una donna con le ali, simbolo di elevazione dell'animo e capacità di vedere oltre il grigiore di ogni giorno.

La Speranza
Viene raffigurata di profilo mentre spicca il volo e leva le mani verso un angelo che le porge una corona, simbolo della vita sovrannaturale che attende coloro che non si abbattono e attendono una vita gloriosa nel Regno dei Cieli.

La Carità è icona di una giovane incoronata di fiori, simbolo di felicità di cui essa gode sulla terra.

La Carità
Tiene un cesto ricolmo di fiori e frutta, simbolo dell'abbondanza di cui gode e con la sinistra prende una borsa che le porge Dio, simbolo della Sua provvidenza: Ai suoi piedi vi sono sacchi di denaro per i bisognosi, allegoria del desiderio di aiutare gli altri.


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Fra i vizi abbiamo le seguenti prosopopee.

La Stoltezza, icona di un uomo addobbato da giullare, col capo ricoperto di piume, un gonnellino con strascico, una treccia in vita a cui sono appese due sfere, allegoria della poca padronanza di sé, mancanza di dominio sino al punto di rendersi ridicoli.

La Stoltezza
Ha una grossa clava in mano simbolo della pericolosità, già citata da san Paolo, dell'uomo naturale che non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito mentre l'uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno.

L'Invidia è icona di un'anziana con un serpente che le esce dalla bocca, simbolo del suo maledire, che le si ritorce contro colpendole gli occhi, secondo il significato letterale etimologico della parola come il difetto del "non-vedere".

L'Invidia
Si tratta di un essere demoniaco, simboleggiato dalle corna che spuntano dalla cuffia che regge strettamente un sacco, simbolo di avarizia. Fiamme si sprigionano ai piedi dell'Invidia, che simboleggiano sia l'inferno che il bruciare per il desiderio delle cose altrui.

L'Ira è icona di una donna che nella follia della rabbia si straccia le vesti scoprendosi il seno e inclinandosi con bestiale irresponsabilità.

L'Ira
Il gesto allude al comportamento di Caifa, sommo sacerdote del Sinedrio davanti al Cristo.

L'Ingiustizia è icona di un anziano magistrato corrotto, prigioniero di un castello in rovina, allegoria delle nefaste conseguenze del suo agire, che sta seduto su una panca che ricorda un trono, ma non lo è (in antitesi con la prosopopea della Giustizia) bloccato davanti da una siepe d'alberi e arbusti, simboli dei suoi cattivi giudizi che impediscono la libertà di coloro ingiustamente condannati.

l'Ingiustzia
Il vecchio tiene in mano una spada, simbolo di punizione, ma è incapace di usarla perché non può muoversi. L'arpione nell'altra mano è simbolo del suo interesse malsano a prendere ciò che non gli spetta. Ai suoi piedi corre un fregio, metafora delle ingiustizie che avvengono sotto il suo naso senza che intervenga, in cui la gente è rapinata per strada, i cavalli non obbediscono ai padroni e i guerrieri circolano seminando distruzione.

La Disperazione è l'icona di una donna impiccata, con le mani contratte nello spasmo doloroso, codici gestuali che indicano una morte violenta.

La Disperazione
La spessa corda pende da una stanga piegata dal peso e il collo appare spezzato. Il demonio che strappa i capelli alla donna è allegoria del fatto che rifiutando la virtù teologale della speranza la donna sia condannata alle pene infernali.

L'Infedeltà, o meglio, l'Idolatria, è icona di un soldato che indossa un elmo.

L'Infedeltà
Regge un idolo  che lo tiene legato al collo tramite un cappio, simbolo della schiavitù che generano i falsi miti, impedendogli di guardarsi alle spalle dove spunta la Verità, simboleggiata da un profeta che sventola invano il suo cartiglio, simbolo del messaggio divino. Le fiamme in basso a sinistra sono allusione al futuro destino all'Inferno dell'idolatra.

L'Incostanza è l'icona di una donna in precario equilibrio su una ruota che corre verso il basso, e che sta cadendo all'indietro, come indica il mantello svolazzante.

L'Incostanza
È allegoria del fatto che appena viene indotta in tentazione, ci cade.

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Un'opera magistrale, un meraviglioso testo visivo in grado di illustrare per accumulazione tutta la teoria cristiana delle virtù teologali e cardinali e dei vizi capitali, e che quindi utilizza da più di settecento anni la funzione metalinguistica per ammonire i credenti.

Se desiderate conoscere la storia, i simboli e il significato di questa opera nella Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto, li trovate in questo video di Ars Europa Channel.

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Intanto, buona visione di questo episodio  della serie video "I simboli nell'arte", dedicata ai grandi capolavori e alla loro simbologia.








LE PROSOPOPEE DEI VIZI E DELLE VIRTÙ NELLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI LE PROSOPOPEE DEI VIZI E DELLE VIRTÙ NELLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI Reviewed by Polisemantica on mercoledì, dicembre 04, 2019 Rating: 5

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